utkatasana, yogaforreaders

Yoga for readers: che fatica stare seduti sulla sedia

25 Ottobre 2018

Ho già affrontato la questione: in molti ritengono che lo yoga non coinvolga per nulla il corpo. Poco tempo fa un conoscente mi ha chiesto se nel fare yoga non si stesse solo seduti a meditare. Mi è venuto da sorridere nel pensare una lezione fatta solo di meditazione “seduta” ovvero passata nell’asana della sedia.

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Utkatasana, comunemente conosciuta come “la sedia”, è un’asana che gode di poca popolarità o, quanto meno, viene spesso dimenticata al termine della pratica del saluto al sole dell’hashtanga B. Chi pratica sa che restare nel qui e ora in posizione “seduta” non è sempre riposante. “Utkata” in sanscrito vuol dire forte, potente e questa asana coinvolge i muscoli delle braccia, delle gambe e il diaframma. Il risultato è quello di stare seduti su una sedia immaginaria, ma senza il conforto di un punto di appoggio.
Per entrare in posizione si parte in Tadasana. Con un ispiro si portano le braccia verso l’alto, con i palmi delle mani che si fronteggiano (oppure si possono anche unire). Espirando si piegano le ginocchia in modo che le cosce siano il più possibile parallele al pavimento: il busto si piega leggermente in avanti, ma si mantiene un angolo retto tra busto e ginocchia. Il bacino si abbassa verso il pavimento. I talloni restano incollati a terra. Per uscire dalla posizione, con un inspiro si raddrizzano le gambe, con l’espiro si riabbassano le braccia fino a tornare in Tadasana. La sedia rinforza gambe e caviglie, stimola il diaframma provocando un leggero massaggio agli organi interni e al cuore. Sconsigliata se si soffre di emicrania o pressione bassa.
Stare su una sedia quindi può essere sfidante, sia per la mente che per il corpo. I tavoli di un negoziato abbondano di sedie, le cene con i parenti attorno a un tavolo richiedono forza e mediazione. Per coniugare quindi la forza richiesta da tutto il nostro essere, mentre si sta seduti si possono leggere alcune delle avventure deduttive de I banchetti dei Vedovi neri. Scaturiti dalla mente di Isaac Asimov, autore geniale non solo per il filone fantascientifico, ma anche per i gialli, questi racconti riecheggiano della classe delle trame hitchcockiane.

I Vedovi neri avevano imparato a loro spese che quando l’anfitrione di turno era Mario Gonzalo c’era da aspettarsi di tutto. Erano arrivati al punto di ritenersi automaticamente votati al disastro, e quando arrivava il temutissimo ospite tiravano un sospiro di sollievo per il solo fatto che parlasse
inglese e avesse il numero regolamentare di teste. […]
«Vedo che il tuo ospite non è ancora arrivato, Mario». […]
«Vi confesso che non mi fa piacere» disse Roger Halstead. «Amo mettere sotto torchio i nostri ospiti».

I vedovi neri sono professionisti membri di un club: si riuniscono per cene mensili, appetitose e servite dall’irreprensibile maggiordomo Henry. Ogni mese, uno dei commensali porta con sé un ospite, quasi sempre uomo, che ha un problema e loro si dedicano alla risoluzione del mistero proposto. Furti, sparizioni, truffe vengono passate al loro attento vaglio alla ricerca di una risposta che le forze dell’ordine non sono riuscite a trovare. Interrogando gli ospiti con ironia (spesso anche con spocchia), azzuffandosi tra loro e prendendo in considerazione anche gli indizi più minuti, si imbarcano in ardite teorie mettendosi alla prova più che mai. Anche se, come tanti dilettanti, spesso cercano di far quadrare le loro idee a prescindere dai fatti: fortuna che, come in ogni giallo che si rispetti, il maggiordomo è pronto a prendere in mano la situazione e con flemma britannica riportare la pratica deduttiva sui giusti binari. Pare sempre tutto più riposante da seduti. Lo sforzo richiesto sembra minimo. Eppure questi gentiluomini scoprono quanto una sedia, o una comoda poltrona nel loro caso, possa metterli alla prova e scoprire i loro limiti. Anche se prima non lo avrebbero mai pensato, attorno a un tavolo vengono fuori tutte le loro debolezze.
Utkatasana ci mette in una posizione simile. Può sembrare poco impegnativa: i piedi sono saldi a terra ed è una posizione che chiunque può mettere in pratica. Dopo i primi respiri però ci si accorge di quanto le cosce possano bruciare e le braccia stancarsi, limiti che nemmeno immaginavamo di avere. Un’avventura dei Vedovi Neri letta in questa asana (e leggete in fretta, mi raccomando) ci rimette a posto e ci mostra quanto ancora possiamo fare e migliorare, e quanto l’espressione “non sederti sugli allori” possa essere fuorviante: sedetevi e meditate.


Giulia Pretta

Una mangiatrice di libri e di buon cibo. Un'indossatrice di classici e di dettagli vintage. Incarnante di ogni clichè.

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